I Benedettini a Linari

La memoria popolare narra della presenza, verosimilmente in epoca intorno all'anno mille, di un nucleo di frati: qualcuno si spinge a ipotizzare la presenza di un monastero, altri attribuiscono ai frati il solo possedimento del territorio e la cura di castagneti di particolare pregio.  La presenza di grossi castagni e di ceppi  ancor più grandi, sicuramente ben più che secolari in taluni casi, avvalora la convinzione della presenza di un castagneto da frutto che potrebbe  essere il popolare  'Castagneto dei frati'.

 E' una teoria probabilmente non infondata e che agli abitanti del luogo è stata tramandata dai maestri delle scuole primarie ma più ancora dai racconti dei vecchi che a loro volta è dai nonni che l'hanno appresa.

C'è comunque qualche indicazione in più che si aggiunge alla tradizione orale.  Don Gian Francesco Varsi - Preposto di Pontolo dal 1781 al 1816 - nel suo diario scrive una cosa interessante: '.. l'estensione di Pontolo, parte del quale oggi è unita a Costerbosa sotto la parrocchia di San Benedetto Abbate soggetta alla Diocesi di Sarzana, quale fu eretta nel luogo, ove ora ritrovasi, dopo la partenza de Benedettini de quali nell'alto del Monte vi era la chiesa, e convento, ora ridotto a macerie da quali Benedettini in gran parte si sono resi colti e fruttiferi questi monti'. (da Domenico Ponzini 'Pontolo e il territorio di Borgo Taro' (con note storiche a cura di Giacomo Bernardi) - Ed. TEP 1994).

Don Varsi ci da' quindi conferma della presenza dei frati, ci dice dell'appartenenza all'Ordo Sancti Benedicti  e sottolinea la loro preziosa opera di miglioramento agrario (..da quali Benedettini in gran parte si sono resi colti e fruttiferi questi monti). Don Varsi ci da' pure conferma della presenza sia di una chiesa che di un convento (nell'alto del Monte vi era la chiesa, e convento, ora ridotto a macerie).

Non c'è purtroppo una più precisa indicazione del luogo ma combinando una serie di indizi si può ritenere, o almeno non è da escludere, che 'l'alto del Monte' citato da Don Varsi fosse Linari. In favore di ciò c'è anche la conformazione dei terreni, sufficientemente pianeggianti e ampi per un insediamento composito con all'intorno il castagneto.

In una ricerca coordinata dal Consorzio delle Comunalie e patrocinata dal Ministero delle Risorse Agricole e Forestali, meglio conosciuta con il nome del documento finale 'Bosco Edule' (1994 Ed. Stibu), Linari viene proposto per l'inserimento in un progetto di percorsi tematici.  A pagina 112 di questa pubblicazione, dopo alcune indicazioni di tipo architettonico, si completa la descrizione del posto precisando che  'In tale località  in passato esisteva un vecchio monastero.

Inoltre, il fatto che la viabilità  dal fondovalle prendesse, per lungo tratto e precisamente a cominciare da prima di Montedonico, il nome Strada di Linari, che questa avesse una larghezza di tutto rispetto e che terminasse - per poi diventare sentiero - proprio a Linari  induce a pensare che effettivamente vi possa essere stato qualcosa di diverso dal generico luogo boscato e selvaggio. Se questa riflessione la ripetiamo osservando carte non attuali ma sostanzialmente recenti e cioè il catasto preunitario del 1824, notiamo che, mentre è ancora riportata la strada (che termina alla fine del muro del chiuso)  non è invece più segnata alcuna costruzione significativa che spieghi una siffatta viabilità .

Non è peregrino quindi ipotizzare che la viabilità  si sia mantenuta su di una preesistente che a qualcosa di significativo ragionevolmente portava, infatti non era costume (almeno a quei tempi) di costruire strade che portassero nel nulla.

 

·        L' hospitale

Dalla memoria popolare emerge pure la presenza, in questo contesto, di un antico hospitale situato all'interno del bosco poco prima di giungere dove inizia il muro del chiuso. L'edifizio, sicuramente già  allo stato di rudere, è stato anche utilizzato durante l'ultimo conflitto come nascondiglio per munizioni o esplosivi dai partigiani presenti in zona.  Di questa costruzione, fino agli anni 90 erano ancora visibili gli angoli e alcune altre pietre piccate di bella fattura ma il mancato presidio dei luoghi, l'avvento dei fuoristrada, la vicinanza alla via e la mancata limitazione al transito (applicata solo di recente) hanno purtroppo favorito le facili asportazioni.   Adesso residua solamente poca parte dei contorni ormai a terra.

 

·        Il cimitero dei Frati

Sulla presenza dei monaci a Linari si dice anche di un 'cimitero dei frati'.  Fisicamente ben localizzato, oggi è caratterizzato dalla sola presenza di ruderi di muretti a secco a contorno di un appezzamento di modesta estensione. Di questi muretti resta in bella evidenza il singolare spessore che raggiunge i due metri, caratteristica questa che incuriosisce perchè non si riscontra in nessun altro dei muri del territorio. L'area delimitata dal muro stuzzica l'interesse perchè, a ben vedere, non asseconda una evidenza orografica o morfologica e nemmeno si sovrappone, anche solo in una delle dividenti, ad una particella del catasto attuale o precedente.
I cimiteri erano, di norma, adiacenti agli edifici monastici, affinchè i monaci non avessero a lasciare i luoghi neppure dopo la morte.
Vicinissima, appena appena sotto il sito indicato come cimitero c'era una piccola costruzione recentemente ricostruita. Il posizionamento è, salendo, a destra della attuale pista forestale e a sinistra invece considerando il vecchio tracciato della mulattiera che fino agli anni 20 del 1900 era solo poco più di un sentiero. Tra l'altro si tratta di una delle due sole costruzioni ancora riportate in zona dal catasto ottocentesco anche se questo non significa granchè e non ci è di nessun aiuto nelle ipotesi sulla natura originaria dell’edificio. Ricordiamo che i cimiteri talvolta avevano vicino una sorta di infermeria tenuta dal monaco medico e che intorno vi era anche un orto per la coltivazione delle erbe medicinali. Alcuni altri parlano invece di una ‘chiesa’: a questo proposito occorre aggiungere la leggenda, riferita da due distinte persone che si sono espresse in modo del tutto simile, secondo la quale in questo luogo la notte di Natale, a mezzanotte, si sentono suonare i campanelli (o le campane) per salutare la nascita di Gesù.
Che effettivamente si trattasse, in origine, di infermeria o di chiesa è del tutto azzardato dirlo: potrebbe benissimo trattarsi di costruzione molto più tarda e di ben più umile destinazione, deposito agricolo o essiccatoio. Ma potrebbe esserlo diventata nel tempo. Le ricerche sul campo, fatte peraltro in modo del tutto atecnico, non hanno portato risultati significativi a questi fini specifici.

Si può concludere dicendo che del complesso Monastero (1) Hospitale (2) Cimitero (3), nonostante la diffusa e costante indicazione dei singoli siti, non sono state ritrovate prove inconfutabili.




La mancanza di segni evidenti, di ritrovamenti sufficientemente significativi si spiega abbastanza agevolmente con la diffusa pratica del recupero delle pietre squadrate degli edifici crollati o dismessi. Non dobbiamo dimenticare che i blocchi regolarizzati da struttura muraria erano merce preziosa: trovarli già  fatti rappresentava grande risparmio di tempo, fatica ed utensili per cui  venivano presi e riutilizzati per fare nuove costruzioni più o meno vicine al luogo del recupero. Inoltre i terreni che si volevano recuperare alla coltivazione venivano bonificati dai 'sassi' senza guardare se questi potevano costituire traccia del passato.

Ecco come molte iniziative 'necessarie' quando sono state fatte, si sono rivelate inopportune ai fini del mantenimento di testimonianze.

 

 Il ritorno da Canaan

 Nonostante la mancanza di una adeguata quantità  di reperti che confermino l'esatto passato di questo territorio, vale la pena di segnalare una bella pietra di epoca apparentemente medievale che è stata trovata non molto lontana dai luoghi.



 

Si tratta di un bassorilievo quasi certamente di origine medievale che raffigura una scena biblica del Libro dei Numeri: 'il Signore parlò a Mosè e disse: "Manda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano principi fra loro." Mosè li mandò dal deserto di Paran , secondo il comando del Signore; quegli uomini erano tutti capi degli Israeliti. (1-3) Giunsero alla valle di Escol e la tagliarono un tralcio con un grappolo d'uva che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi. (23) Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grappolo d'uva che gli Israeliti vi avevano tagliato. (24) In ebraico 'eshkòl' significa proprio grappolo e come è noto l'uva è simbolo di abbondanza e fertilità  della terra promessa. L'allegoria della rappresentazione è, tuttavia, più complessa e profonda: la stanga a cui è appeso il grappolo indica il legno della Croce da cui pende Cristo ('Figura Christi pendentis in ligno'), i due portatori, uniti e separati da quel legno, rappresentano Israele e la Chiesa. Israele precede e guarda davanti a se' perchè popolo della speranza e della attesa del nuovo, assicurato dalla promessa di Dio. La chiesa viene dietro e vede colui che gli sta davanti attraverso il grappolo appeso al legno, vede cioè l'antico e la promessa di Dio attraverso il Crocifisso.

In conclusione, si può ragionevolmente ritenere del tutto improbabile che una rappresentazione religiosa così complessa sia nata come fregio devozionale di una abitazione privata; è invece ben più verosimile che la provenienza originale sia una pieve o altro edifizio religioso dei luoghi andato nel tempo distrutto. Dopo la distruzione le pietre sono state, come di consueto, riutilizzate badando all’utile e trascurando il bello tanto che questa pietra era murata con la parte scolpita volta all’interno del muro.

(cfr. anche Calendario 2017 del Consorzio Comunalie Parmensi)

Un bassorilievo del tutto simile come dimensione e fattura era visibile a Baselica fino ai primi anni 2000. Posizionato sopra l’architrave in legno della porta di una casa che non c’è più, era stato smontato prima della demolizione. Oggi non si riesce a ritrovarne traccia. Chi si ricorda di questo bassorilievo concorda nel descrivere la presenza di un serpente sormontato da motivi che nessuno sa ben definire.